Stranezze geologiche della Val di Cembra

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Le buche del ghiaccio


Quello che io ritengo il fenomeno naturale più strano della Val di Cembra è costituito dalle cosiddette buche del ghiaccio, in dialetto cembrano i busi del giac (o le buse del giac).


Riporto la descrizione che ne dà Elio Antonelli:

«[…] Si tratta di luoghi particolari, dove la temperatura è pił bassa rispetto a quella circostante. Il fenomeno risulta evidente soprattutto d'estate, quando oltre al ristagno della neve, entro particolari buche, si notano formazioni di brina e ghiaccioli e si percepiscono folate d'aria fredda.

La particolarità si può riscontrare lungo la S.P. 71, tra i laghi di Lases e di Valle, con ristagni di neve e aria fresca. Ma è soprattutto in Valfredda, sopra Lases, che si possono cogliere le manifestazioni pił vistose di questa curiosità naturalistica. Lì vi sono ghiaioni naturali e da marzo a novembre si sentono soffi d'aria fresca; fino alla fine di luglio si possono trovare nelle buche brina e ghiaccioli e la vegetazione circostante è di tipo alpino, pur essendo la valletta esposta a sud-ovest, riparata dai venti del nord e ad un'altezza di 740-760 m. sul mare.

Il fenomeno è spiegato dagli studiosi con la presenza di vie o canali d'aria che dalla zona alta e ripida del ghiaione scendono, entro la massa, fino alla base, uscendo poi dal sottosuolo. In questi canali, quando l'aria esterna è più calda di quella interna, si stabilisce, una corrente d'aria, simile ad una brezza discendente, che trasporta aria fredda allo sbocco inferiore e uscendo, dà origine al refrigeramento.

La temperatura dell'aria che esce è a volte di 6-10 gradi più bassa di quella circostante. La particolarità è presente anche in Valscura, alla base dei ghiaioni del Coston.»

(Storia di Lona Lases pag. 33).


Ho potuto constatare il fenomeno di persona in un torrido pomeriggio di metà luglio, mentre partecipavo alla Magnalona (passeggiata ginno-gastronomica nel comune di Lona-Lasés).  

Dagli spazi tra le pietre dei ghiaioni e dagli interstizi dei muri di contenimento del sentiero spirava un venticello fresco.
Semplicemente sorprendente: nonostante la temperatura fosse decisamente estiva, passando per la Valfredda (mai nome fu dato in maniera più appropriata) si provava una gradevole sensazione di refrigerio e si aveva l'impressione che per sostare lì sarebbe stato utile un maglioncino.

Sembra che nei tempi passati, quando non esistevano gli elettrodomestici, i busi del giac’ fossero utilizzati dai cembrani come refrigeratori naturali per gli alimenti deperibili (e questo non sorprende affatto).
Da qualche anno invece, a causa della particolarità della sua flora montana, la Valfredda è stata dichiarata un biotopo protetto (badare bene: biòtopo, non biotòpo ). «[…] Dovunque sono muschi, mirtilli e rari esemplari di flora alpina e subalpina. Gli studiosi hanno accertato la presenza di ben 144 specie diverse. Sollevando qualche pietra nei conoidi si scoprono delle buche in cui brina e ghiaccioli sono presenti fino ad agosto inoltrato […]»
(Parcheggia e Cammina pag. 163).

Un esempio di pianta che si può trovare in Valfredda è l'Allosurus crispus, specie tipica di ambienti oltre i 2000 m s.l.m. di quota!  

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Le bombe vulcaniche


Il fenomeno delle bombe vulcaniche si può osservare in varie zone della vallata. Un punto facilmente raggiungibile è lungo la strada provinciale che corre lungo il versante sinistro (SP76), poco a valle rispetto al lago di Lases.

Anche in questo caso cito da Parcheggia e Cammina:

«[…] La particolarità è visibile sulle parete prospiciente la provinciale ora in parte ricoperta da rete metallica. Si tratta di fori circolari presenti sulla parete e contenenti delle palle sferiche di porfido. Altre «bombe» sono incorporate nei tufi vulcanici, nelle arenarie e nei fanghi giallo-rossastri che si scorgono poco a nord. L'origine di questo fenomeno risale ai periodi eruttivi dei vulcani permiani di 260 milioni di anni fa, quando si è formata tutta la Piattaforma Porfirica Atesina.
Brandelli di lava venivano scagliati nel cielo con moto rotatorio e ricadevano in forma sferica nella massa lavica o nelle ceneri, mantenendo la propria individualità senza amalgamarsi con il materiale che le accoglieva.
Fenomeni simili non sono rari e la dimensione delle bombe va da pochi centimetri a qualche metro di diametro. »

(Parcheggia e Cammina pag. 161).

«[…] Non meno interessanti, perché diverse per dimensioni e giacitura, risultano le bombe incorporate nei porfidi nei pressi del ponte di Cantilaga. »
(Segonzano e Sevignano pag. 14).

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© 2004, Fabio Vassallo